14 Settembre 2022

Federico II di Svevia “Stupor Mundi” nella Mostra d’Arte di Gustavo Delugan

Lo scorso 7 settembre, il Laboratorio culturale ha dato spazio ad un originale racconto “di legno” dell’esistenza federiciana, ad opera dell’artista Gustavo Delugan.

Riportiamo di seguito la riflessione dello storico dell’arte Mino Iorio, tra i relatori della serata, sulla mostra dedicata allo stupor mundi, visitabile fino al prossimo 22 settembre presso il Laboratorio culturale Campania Bellezza del Creato.

 

Sabatino Fatigati

Nell’universo delle “interpretazioni storico e artistiche” dedicate al grande imperatore Federico II di Svevia occupa un posto di eccezionale rilievo quella qui proposta dell’artista Gustavo Delugan, dal titolo “Federico II di Svevia Von Hoenstaufen Stupor Mundi”.

Per comprenderne l’essenza, dobbiamo alzare per un attimo lo sguardo e tentare una lettura d’insieme su cosa in fondo abbia rappresentato nel tempo la vicenda storica e umana di questo sovrano.

Quando Benedetto Croce, alla luce della sua concezione vichiana della conoscenza costruita intorno al Verum esse ipsum factum, contenuto nella Scienza Nuova del più grande filosofo napoletano del Settecento, concluse che lo stesso mito di Federico II di Svevia ne aveva condizionato profondamente “la sua vera Storia”, relegandone la figura a stereotipi o a “personaggi” di fatto mai esistiti, fu evidente quanto tutto ciò si sia creato, in un certo senso, ancor prima della sua stessa nascita, raggiungendo il culmine durante lo scontro tra papato e impero negli ultimi decenni del XII secolo e nel corso del XIII. Non a caso si tramanda che fu battezzato nell’acqua dello stesso fonte battesimale del duomo di San Rufino ad Assisi dove per certo furono battezzati San Francesco e Santa Chiara, vale a dire i campioni del pauperismo europeo.

In generale fu un ruolo che, da una parte, fu costruito ad arte dall’abilissima macchina propagandistica papale che accusò lo Svevo di eresia e d’incarnare addirittura l’anticristo e dall’altra ispirò, quando nei secoli successivi il mito crebbe a vista d’occhio entrando nella prima epoca moderna e nel periodo illuministico, il “primo grande gigante” simbolo della laicità dei popoli.

Nel Novecento non mancarono interpretazioni del tutto divergenti che cercarono di liberarsi di questi evidenti orpelli e faziosità come quella del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che ha definito Federico II di Svevia, “Il primo europeo moderno di mio gusto” esprimendo un’interpretazione scevra da condizionamenti “a posteriori” e pronta a seguire l’ennesima parabola del supereroe tipico delle epopee nazionalistiche dell’Europa collocata tra i due grandi conflitti mondiali.

Ebbene tra queste diverse “letture” quella di Gustavo Delugan dove si collocherebbe?

Egli con capacità e tecniche mirabili raccoglie tutte insieme le linee di pensiero appena indicate e le concentra nel gusto e nello stile “intellettuale” della sua arte passando dalla scelta “pauperistica” di un materiale povero come il legno “di recupero” alla dichiarata affiliazione per l’esaltazione della conoscenza scientifica ipsum factum e il sapere matematico già molto in voga all’epoca di Federico, il quale elabora personalmente schemi che s’ispirano ai ritrovati aritmetici più importanti del suo tempo, come la serie di Fibonacci, la Sezione Aurea e le rispettive implicazioni nel campo geometrico e architettonico. Ovviamente le suggestioni continueranno nei secoli a venire e raggiungeranno, grazie alla presenza di opere come Castel del Monte in Puglia, architetti della levatura di Luigi Vanvitelli che trasfonderà nelle sue creazioni questi principi simbolici del tutto visibili e ulteriormente arricchiti da nuove intuizioni e teorie.

Di tutto questo Gustavo Delugan si fa interprete e crea i presupposti per nuove letture e inedite esplorazioni del tutto visibili attraverso le opere da lui qui proposte. Il legno ancora una volta costituisce la materia che più di ogni altra si adatta a queste rappresentazioni sceniche e strutturali ascrivendo Delugan nel novero di quegli artisti dalla visione minimalista e funzionale dell’arte contemporanea.

 

Mino Iorio
(Storico dell’Arte)